Il Comune è tenuto alla manutenzione anche delle parti di strada che appartengono al privato, ma che conducono sulla via principale di esclusiva competenza dell’amministrazione. In caso di sinistro, pertanto, su questa area dissestata ne risponde l’ente locale. Questo il significativo principio di diritto espresso dalla Cassazione con l’ordinanza n. 3216/2017.
La vicenda. Alla base della pronuncia una vicenda in cui una signora in un piccolo centro della Puglia era caduta in terra, per il cattivo stato del manto stradale, procurandosi lesioni personali. L’evento era accaduto su una parte di strada non di proprietà comunale e così l’esito nei giudizi di merito era stato differente. Mentre, infatti, i giudici di prime cure avevano ritenuto che la signora dovesse essere risarcita costituendo quella parte di strada parte integrante della via e quindi il carente stato di manutenzione era imputabile esclusivamente alla negligenza dell’amministrazione tenuta per intero al risarcimento. Di diverso avviso, invece, la Corte d’appello di Bari che, con la sentenza 31 dicembre 2013 n. 1904, ha accolto l’appello del Comune. I giudici di secondo grado in particolare hanno rilevato come non fosse stato provato che il tratto di strada su cui era avvenuta la caduta fosse di proprietà comunale.
La posizione della Cassazione. I Supremi giudici sul punto hanno precisato che l’amministrazione è tenuta a garantire la circolazione dei veicoli e dei pedoni in condizioni di sicurezza. A tale obbligo l’ente proprietario della strada viene meno non solo quando non provvede alla manutenzione di quest’ultima, ma anche nel caso in cui il danno sia derivato dal difetto di manutenzione di aree limitrofe alla strada, atteso che è obbligo comunque dell’ente verificare che lo stato dei luoghi consenta la circolazione dei veicoli e dei pedoni in totale sicurezza. Infatti – si legge nell’ordinanza – il Comune che consenta alla collettività l’utilizzo per pubblico transito di un’area di proprietà privata si assume l’obbligo di sincerarsi che la manutenzione dell’area e dei relativi manufatti non sia trascurata. Ne consegue pertanto che l’inosservanza di tale dovere di sorveglianza costituisce un obbligo primario della pubblica amministrazione per il principio del neminem laedere integra gli estremi della colpa e determina la responsabilità per il danno cagionato all’utente dell’area, non rilevando che l’obbligo della manutenzione incomba sul proprietario dell’area medesima. Si tratta di conclusioni che, sebbene siano supportate da precedenti giurisprudenziali, lasciano sul campo qualche perplessità. In particolare non si comprende perché in queste ipotesi non possa essere riconosciuta una corresponsabilità perché se da un lato si tratta di aree attigue alla strada pubblica è pur vero che da un punto di vista strettamente giuridico la proprietà rimane sempre al privato che ne dovrebbe rispondere se non altro per il titolo (quindi uti dominus) così come previsto dall’articolo 2055 del codice civile.
Il principio di diritto. La Corte in definitiva ha espresso il seguente principio di diritto: “E’ in colpa la pubblica amministrazione la quale né provveda alla manutenzione o messa in sicurezza delle aree, anche di proprietà privata, latistanti le vie pubbliche, quando da esse possa derivare pericolo per gli utenti della strada, né provveda a inibirne l’uso generalizzato. Ne consegue che, nel caso di danni causati da difettosa manutenzione di una strada, la natura privata di questa non è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità dell’amministrazione comunale, se per la destinazione dell’area o per le sue condizioni oggettive, l’amministrazione era tenuta alla sua manutenzione”. Accolta la richiesta del cittadino con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.
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