Indebita percezione e non truffa per chi percepisce la pensione del papà morto

La mancata comunicazione all’ente previdenziale della morte del titolare della pensione, con il conseguente versamento sul conto corrente dei ratei pensionistici anche successivamente al decesso, non integra il reato di «truffa aggravata» bensì quello più mite di «indebita percezione di erogazioni in danno delle Stato», punito soltanto con una sanzione amministrativa per indebiti sotto i 4mila euro. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 55525 del 13 dicembre.

 I giudici di legittimità hanno così accolto il ricorso del figlio del pensionato defunto condannato dalla Corte di appello di Roma a 5 mesi e dieci giorni di reclusione, oltre 600 euro di multa, per truffa aggravata ai danni dell’Inpdap. I giudici di legittimità dopo aver riqualificato il fatto nella fattispecie più lieve dell’articolo 316 ter c.p. ne hanno poi anche dichiarato l’estinzione per prescrizione.

La difesa del ricorrente aveva sottolineato che l’«omessa comunicazione all’Inpdap del decesso del genitore», era stata ritenuta idonea ad integrare l’«artifizio e raggiro richiesto dalla norma incriminatrice pur in assenza di un positivo comportamento fraudolento». Inoltre, siccome il Comune aveva l’obbligo di comunicare all’Inpdap la variazione dello stato civile, il comportamento omissivo «non si presta a costituire l’elemento strumentale della truffa in assenza di un quid pluris che lo caratterizzi nel senso della fraudolenza».

Per la Suprema corte il motivo è fondato. Infatti, scrivono i giudici di Piazza Cavour «integra la fattispecie di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e non truffa aggravata, per assenza di un comportamento fraudolento in aggiunta al mero silenzio, la condotta di chi ometta di comunicare all’istituto erogante il trattamento pensionistico il decesso del congiunto titolare dello stesso, così continuando a percepirlo indebitamente». Un orientamento quest’ultimo già fatto proprio dalla Cassazione che in un precedente (n. 48820/2013) aveva affermato «integra la fattispecie criminosa dell’art. 316 ter cod. pen. e non quella di truffa aggravata l’indebita percezione della pensione di pertinenza di soggetto deceduto, conseguita dal cointestatario del medesimo conto corrente su cui confluivano i ratei della pensione, che ometta di comunicare all’Ente previdenziale il decesso del pensionato», evidenziando che quello che essenzialmente rileva ai fini della distinzione tra le due fattispecie è l’elemento costituito dalla «induzione in errore», assente nel primo reato e presente, invece, nel secondo.

Del resto, prosegue, nel solco tracciato dalle Sezioni Unite (n. 16568/2007) la giurisprudenza di legittimità aveva chiarito che «l’ambito di applicabilità dell’art. 316 ter c.p. abbraccia situazioni residuali rispetto alle contigue fattispecie ex artt. 640, comma 2, e 640 bis c.p., come quelle del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca effettivamente in errore l’autore della disposizione patrimoniale, intercorrendo tra le fattispecie un rapporto di sussidiarietà e non di specialità». In definitiva, quando difettano gli estremi della truffa è configurabile il meno grave delitto di indebita percezione.

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