Dopo il via libera unanime della Commissione Giustizia, la proposta di legge sull’assegno divorzile da lunedì prossimo inizierà l’esame alla Camera. A rendere urgente la modifica è stata la la sentenza della Cassazione n.18287/2018 che a Sezioni Unite ha stabilito che l’assegno di divorzio ha «natura assistenziale, compensativa e perequativa». Superato dunque il criterio del “tenore di vita” che ha tenuto banco per quasi trenta anni, i nuovi criteri, unitamente alla durata, saranno quelli che determineranno l’entità dell’assegno. Secondo la Cassazione, infatti, “si deve adottare un criterio composito” che tenga conto “delle rispettive condizioni economico-patrimoniali” e “dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge” alla vita familiare, al “patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età”. Come a dire, che il tenore di vita non più il criterio principe dei divorzi.
Nella nuova legge dunque sono contenuti dei diversi parametri che si fondano sulla durata del matrimonio, l’età del destinatario dell’assegno, le sue condizioni di salute e la ridotta capacità di reddito. Ma decisivo per stabilire la misura dell’assegno sarà il contributo personale ed economico fornito dai coniugi durante il matrimonio: in particolare in che modo ognuno ha partecipato per creare il proprio patrimonio e quello comune.
L’articolo 1, comma 1, della nuova legge che modifica la legge n. 898 del 1970, come attualmente formulato, prevede infatti che «con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale può disporre l’attribuzione di un assegno a favore di un coniuge», secondo le regole previste dal comma seguente. Ed al comma 2 si prevede che il tribunale valuti: «la durata del matrimonio; le condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio; l’età e lo stato di salute del soggetto richiedente; il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune; il patrimonio e il reddito netto di entrambi; la ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive, anche in considerazione della mancanza di un’adeguata formazione professionale o di esperienza lavorativa, quale conseguenza dell’adempimento dei doveri coniugali nel corso della vita matrimoniale; l’impegno di cura di figli comuni minori, disabili o comunque non economicamente indipendenti».
E, tenuto conto di tutte le circostanze indicate, «il tribunale può predeterminare la durata dell’assegno nei casi in cui la ridotta capacità reddituale del richiedente sia dovuta a ragioni contingenti o comunque superabili». L’assegno, invece, non è dovuto nel caso di nuove nozze, di unione civile con altra persona o di una stabile convivenza del richiedente l’assegno. L’obbligo di corresponsione dell’assegno, infine, non sorge nuovamente a seguito di separazione o di scioglimento dell’unione civile o di cessazione dei rapporti di convivenza. Con una norma di chiusura poi la legge stabilisce che le disposizioni si applicano anche ai procedimenti per lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
A segnare un revirement dell’indirizzo sul ‘tenore di vita’, e il mantenimento a vita dell’ex coniuge, era stata la sentenza n. 11504 del maggio 2017, sempre della Cassazione, sul divorzio, avvenuto nel 2013 dopo 20 anni di matrimonio, tra l’ex ministro Vittorio Grilli e la moglie imprenditrice. Il politico le versò due milioni di euro ritenendo di aver assolto il suo compito. Ma la donna esigeva anche un vitalizio ed è ricorsa in Cassazione: per gli ‘ermellini’ però i tempi ormai erano cambiati e occorreva “superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come ‘sistemazione definitiva’”.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Il sesto comma dell’articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, è sostituito dal seguente:
«Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale può disporre l’attribuzione di un assegno a favore di un coniuge, tenuto conto delle circostanze previste dal settimo comma.
2. Dopo il sesto comma dell’articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, come da ultimo sostituito dal comma 1 del presente articolo, sono inseriti i seguenti: «il tribunale valuta: la durata del matrimonio; le condizioni personali ed economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio; l’età e lo stato di salute del soggetto richiedente; il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune; il patrimonio e il reddito netto di entrambi; la ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive, anche in considerazione della mancanza di un’adeguata formazione professionale o di esperienza lavorativa, quale conseguenza dell’adempimento dei doveri coniugali nel corso della vita matrimoniale; l’impegno di cura di figli comuni minori, disabili o comunque non economicamente indipendenti».
Tenuto conto di tutte le circostanze indicate nel settimo comma, il tribunale può predeterminare la durata dell’assegno nei casi in cui la ridotta capacità reddituale del richiedente sia dovuta a ragioni contingenti o comunque superabili.
L’assegno non è dovuto nel caso di nuove nozze, di unione civile con altra persona o di una stabile convivenza ai sensi dell’articolo 1, comma 36, della legge 20 maggio 2016, n. 76, anche non registrata del richiedente l’assegno. L’obbligo di corresponsione dell’assegno non sorge nuovamente a seguito di separazione o di scioglimento dell’unione civile o di cessazione dei rapporti di convivenza».
2-bis. Il decimo comma dell’articolo 5 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, è abrogato.
3. Al comma 25 dell’articolo 1 della legge 20 maggio 2016, n. 76, le parole: «dal quinto all’undicesimo comma» sono sostituite dalle seguenti: «dal quinto al tredicesimo comma».
Art. 2.
1. Le disposizioni di cui all’articolo 1 si applicano anche ai procedimenti per lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
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