Quando il genitore eroga una somma di denaro per l’acquisto di un immobile in capo al figlio, se non risulta diversamente da una scrittura privata o da altri accordi di cui è possibile dare dimostrazione, si è in presenza non di un prestito o di un mutuo, ma di una donazione indiretta. In tal caso, il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto del bene, che costituisce il fine della donazione. Non è, pertanto, possibile da parte del genitore ottenere la restituzione di quanto donato. Questo è quanto afferma il Tribunale di Reggio Calabria nella sentenza n. 754/2020.
La vicenda
La controversia prende le mosse dalla domanda giudiziale con la quale una coppia chiedeva la restituzione di 250 mila euro, corrisposti alla figlia e al genero per l’acquisto di un immobile del valore complessivo di 410 mila euro. L’ingente somma era stata versata direttamente al venditore dell’immobile con un bonifico bancario e con un assegno circolare, al fine di evitare che i convenuti fossero costretti a sottoscrivere un più oneroso mutuo.
Si costituiva in giudizio soltanto il genero, nel frattempo separatosi giudizialmente dalla figlia degli attori, il quale riteneva che la suddetta dazione fosse qualificabile come un atto di liberalità, avvenuto in un contesto familiare, e non come un prestito con obbligo di restituzione. Ad ogni modo, beneficiaria della dazione doveva considerarsi la figlia degli attori, posto che i 160 mila euro restanti per l’acquisto della casa erano stati versati di tasca sua. Inoltre, perlomeno dubbie erano le tempistiche della richiesta di restituzione: subito dopo la separazione dei coniugi e subito prima dello spirare del termine decennale di prescrizione per la restituzione.
La donazione indiretta
Tali rilievi vengono valorizzati dal Tribunale, il quale respinge la domanda degli ex suoceri. Costoro, infatti, non hanno supportato sul piano probatorio la ricostruzione fattuale della vicenda, non essendo emerso in sede istruttoria che gli stessi avessero prestato la somma ai convenuti. Non vi è traccia, infatti, di una scrittura privata – «come è solito avvenire nella prassi anche tra parenti» – che provi i termini di tale accordo, i tempi e le modalità di restituzione.
Ebbene, per il giudice nella vicenda «si individuano gli elementi di una c.d. donazione indiretta, ossia di un atto di liberalità non donativo in cui il donante raggiunge lo scopo di arricchire un’altra persona servendosi di atti che hanno una causa diversa da quella del contratto di donazione». Essa si identifica «in ogni negozio che, pur non avendo la forma della donazione, sia mosso da fine di liberalità e abbia lo scopo e l’effetto di arricchire gratuitamente il beneficiario». Anzi, sottolinea il Tribunale, il caso di specie configura una delle ipotesi più diffuse di donazione indiretta, ovvero quella in cui «il genitore corrisponde direttamente al venditore il prezzo per un immobile che viene acquistato e intestato al figlio o mette a disposizione del figlio la provvista di denaro per l’acquisto dell’immobile». E ciò vale anche «quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo della relativa compravendita dovuto dal donatario, laddove sia dimostrato lo specifico collegamento tra dazione e successivo impiego delle somme».
Pertanto, conclude il Tribunale, nella fattispecie si riscontra lo schema tipico della donazione indiretta, anche avuto riguardo la qualità dei soggetti protagonisti della vicenda, sicché non può essere domandata la restituzione della somma in tal modo donata.
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