Amministrazione di sostegno per chi fa debiti per il “gratta e vinci”

Amministrazione di sostegno per “prodigalità” per chi spende cifre esorbitanti rispetto alle proprie disponibilità economiche al “caffè” e comprando “gratta e vinci”. La Cassazione, sentenza n. 5492 del 7 marzo 2018, ha infatti chiarito che «può adottarsi la misura di protezione, nell’interesse del beneficiario, anche in presenza dei presupposti di interdizione o di inabilitazione e dunque anche quando ricorra una condizione di prodigalità». In primo grado, su istanza della figlia, il Tribunale di Forlì aveva dichiarato l’inabilitazione della donna. Proposto ricorso, la Corte di appello ha rigettato la domanda ritenendo però sussistenti i presupposti per l’applicazione dell’amministrazione di sostegno. In particolare, la Corte territoriale, dopo aver escluso la ricorrenza di una specifica malattia o infermità, «ha ravvisato sulla scorta delle risultanze istruttorie, la prodigalità della signora». La donna, infatti, aveva contratto una pluralità di prestiti con Findomestic; un mutuo Inps con cessione del quinto della pensione, pari 1.600 euro mensili; un prestito di 40mila euro con la figlia; debiti per spese condominiali; un debito di 34mila euro con il bar Caffè Roma, di cui la metà per l’acquisto di “gratta e vinci”.

Così ricostruito il quadro, il giudice di secondo grado ha dunque applicato l’amministrazione di sostegno «maggiormente idonea ad adeguarsi alle esigenze del soggetto, attesa la sua flessibilità e la maggiore agilità della procedura applicativa meno afflittiva rispetto alla inabilitazione». Del resto, spiega la Cassazione, la prodigalità «cioè un comportamento abituale caratterizzato da larghezza nello spendere, nel regalare o nel rischiare eccessivamente rispetto alle proprie condizioni socio-economiche ed al valore oggettivamente attribuibile al denaro, configura autonoma causa di inabilitazione, indipendentemente da una sua derivazione da specifica malattia o comunque infermità, e, quindi, anche quando si traduca in atteggiamenti lucidi, espressione di libera scelta di vita, purché sia ricollegabile a motivi futili». Infine, correttamente, conclude la sentenza, il giudice di appello ha escluso anche la necessità di una Ctu «sulla considerazione che non erano in discussione specifiche malattie o infermità».

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