Diritto di Famiglia

DIRITTO DI FAMIGLIA:

Il diritto di famiglia è un insieme di norme che hanno per oggetto status e rapporti giuridici che si riferiscono alle persone che costituiscono una famiglia.

La costituzione tutela la famiglia e la riconosce come una società naturale fondata sul matrimonio. La disciplina sui rapporti di famiglia è contenuta nel libro 1° del c.c. “Delle persone e Della famiglia” ed è diviso in 14 titoli.

Il codice è stato sostanzialmente modificato con la Riforma del diritto di famiglia del 75’, che fa riferimento solo alla famiglia legittima, anche se ultimamente hanno acquisito sempre più rilevanza giuridica anche le famiglie di fatto.

Infatti, si parla di famiglia:

a) legittima: quella fondata sul matrimonio;

b) di fatto: quella costituita da persone che, pur non essendo sposate convivono insieme agli eventuali figli avuti dalla loro unione.

Oggi, alla luce delle modifiche legislative, l’argomento riveste una grande attualità.

La materia del diritto di famiglia, concerne svariati ambiti, quali, a titolo esemplificativo:

IL REGIME PATRIMONIALE DELLA FAMIGLIA

Il regime patrimoniale è l’insieme delle regole e dei principi previsti dalla legge per regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi. Questa materia è stata profondamente modificata dalla riforma sul diritto di famiglia del 1975 che ha equiparato i coniugi introducendo quale regime legale dei rapporti patrimoniali (applicabile in mancanza di un’apposita convenzione matrimoniale) il regime della comunione di beni.

Antecedentemente alla riforma del 1975, il regime legale era, invece la separazione dei beni.

Oltre al regime della comunione, nonché della separazione dei beni, i coniugi possono adottare anche regimi atipici, non previsti dalla legge, ferma restando, tuttavia, l’inderogabilità dei diritti e doveri che, per legge, derivano dal matrimonio.

LA SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI

La separazione personale dei coniugi determina il venire meno del vincolo della coabitazione, a causa del verificarsi di circostanze che rendono la convivenza intollerabile.

La separazione può essere di due tipi:

1) consensuale

2) giudiziale

La separazione consensuale ha quale presupposto l’accordo tra le parti che, responsabilmente, possono decidere di regolamentare gli effetti di carattere personale e patrimoniale della stessa e esprimere la comune volontà in ordine alle questioni più rilevanti, come eventualmente l’affidamento e il mantenimento dei figli minori.

Il procedimento si instaura con ricorso proposto da uno o entrambi i coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale del luogo di residenza o domicilio dell’uno o dell’altro coniuge.

Il suddetto accordo è destinato ad acquistare efficacia in seguito all’omologazione del Giudice ossia un controllo dettagliato che si conclude con l’emissione di un provvedimento con il quale questi attesta la legittimità dell’accordo e la sua conformità rispetto agli interessi dei figli minori, laddove vi siano.

La separazione giudiziale é pronunciata dal Tribunale quando avvengano fatti tali da rendere impossibile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione dei figli.

Il ricorso per separazione giudiziale instaura un vero e proprio contenzioso regolato dalle norme del codice di procedura civile.

L’art. 151 c.c. stabilisce che il Giudice possa dichiarare, su richiesta di una delle parti, a quale tra i due coniugi sia addebitabile la separazione in ragione dei suoi comportamenti contrari ai doveri derivanti dal vincolo matrimoniale.

Una delle conseguenze più rilevanti della pronuncia di addebito è l’obbligo a carico del coniuge ritenuto responsabile di corrispondere il mantenimento all’altro che non abbia redditi adeguati, quindi non solo quanto risulti necessario per il suo sostentamento ma anche quei redditi che consentano di mantenere un tenore di vita simile a quello sussistente durante la convivenza. Tuttavia, in assenza di redditi adeguati, il mantenimento dell’altro coniuge spetta anche quando non vi sia stata richiesta di addebito.

Al coniuge cui sia addebitata la separazione spetta, invece, esclusivamente il diritto agli alimenti, ossia il diritto di ottenere i redditi sufficienti a soddisfare i bisogni essenziali.

LO SCIOGIMENTO DEL VINCOLO PATRIMONIALE. IL DIVORZIO

L’attuale disciplina prevede le seguenti possibilità di scioglimento del matrimonio:

1) La morte di uno dei coniugi, nonché la dichiarazione di morte presunta;

2) Il divorzio.

Causa essenziale del divorzio è la disgregazione definitiva della comunione materiale e spirituale tra i coniugi. Il venire meno della detta comunione deve essere accertato dal Giudice con riferimento alle singole cause tassativamente previste dalla legge:

1) quando sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale tra i coniugi, ovvero sia stata omologata la separazione personale, se la separazione giudiziale si sia protratta ininterrottamente per un anno o di sei mesi in caso di separazione consensuale;

2) quando un coniuge sia stato condannato all’ergastolo o alla pena detentiva per reati di particolare gravità;

3) quando il matrimonio non sia stato consumato.

Il divorzio può essere chiesto da uno o da entrambi i coniugi; anche per il divorzio si distingue quello congiunto dal giudiziale.

Il divorzio congiunto si basa sempre sull’accordo tra i coniugi e contiene la regolamentazione dei loro rapporti economici e delle condizioni relative alla prole.

Il divorzio giudiziale è instaurato su ricorso di un coniuge qualora l’altro non sia d’accordo.

In tal caso, si apre un vero e proprio procedimento contenzioso con una prima udienza dinanzi al Presidente del Tribunale competente che detta i provvedimenti necessari e urgenti nell’interesse della prole; in seguito il procedimento prosegue dinanzi ad un Giudice istruttore e si conclude con sentenza.

SUCCESSIONI E DONAZIONI

Le successioni sono destinate a regolamentare i rapporti giuridici facenti capo ad una persona in seguito alla propria morte.

Il nostro ordinamento prevede che alla morte di un soggetto, il c.d. “de cuius”, i diritti di cui è titolare siano trasferiti ai membri della sua famiglia con il grado di parentela più vicino.

In linea generale, si possono trasferire tutti i beni del defunto o una quota a titolo di successione universale in favore dei c.d. eredi. Altrimenti, può attuarsi il trasferimento di uno o più obblighi determinati a titolo di successione particolare in favore dei c.d. legatari.

La successione può essere:

legittima ossia regolamentata dalla legge, in assenza di testamento;

testamentaria, se il de cuius ha stabilito tramite un apposito atto, il testamento, a chi saranno trasferiti i propri rapporti giuridici.

Il testamento può essere stipulato per atto pubblico o può essere redatto personalmente dal testatore con scrittura privata (olografo). Vi è, inoltre, il testamento segreto redatto dal testatore e consegnato nel rispetto di particolari formalità al notaio che lo riceve in presenza di testimoni.

In nessun caso, possono essere pregiudicati i diritti che la Legge riconosce ai c.d. legittimari, ossia i soggetti cui spetta di diritto una quota ereditaria, la c.d. legittima.

Ciò significa che il defunto può liberamente disporre per testamento del suo patrimonio ma tale diritto non può spingersi fino a ledere le quote spettanti ai parenti più stretti; in caso di lesione della quota, infatti, i legittimari possono esperire la c.d. azione di riduzione per essere reintegrati nell’assegnazione della propria porzione di eredità.

Le donazioni sono contratti tramite i quali una parte arricchisce l’altra, per spirito di liberalità, disponendo di un proprio diritto o assumendo un’obbligazione nei confronti della stessa.

Si tratta di un atto a titolo gratuito; elemento distintivo della donazione è, infatti, l’animus donandi, ossia l’arricchimento del patrimonio di un altro soggetto senza che venga corrisposto alcun corrispettivo.