La prova che il rapporto di lavoro irregolare, emerso a seguito di una ispezione dell’Inps, non fosse in corso dall’inizio dell’anno, come presunto dalla legge, può essere fornita dal datore di lavoro anche per testimoni e non deve dunque necessariamente essere documentale. Con questa motivazione la Corte d’Appello di Palermo, sentenza 6 giugno 2016 n. 1094, ha bocciato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
Il tribunale di Agrigento, sezione distacca di Licata, aveva accolto l’opposizione del convenuto contro la sanzione amministrativa di 31mila euro irrogatagli dal Fisco a seguito del rinvenimento, nel maggio 2013, di tre operai intenti a lavorare nella sua abitazione senza essere stati registrati nel libro paga e matricola, rideterminando la sanzione nella misura molto più esigua di 600 euro. L’opponente infatti aveva sostenuto che gli operai erano stati assunti il giorno prima al solo scopo di ripavimentare una scala, circostanza poi confermata dai testi ascoltati che avevano riferito di una durata complessiva dei lavori di pochi giorni. Per le Entrate, però, nessun peso si poteva dare a simili dichiarazioni in quanto «non risultavano da documenti ma da una (mera) prova testimoniale, che era poco attendibile perché proveniente da soggetti non disinteressati ed alla quale poteva, al più, attribuirsi valore indiziario».
Per la Corte territoriale, invece, l’assunto secondo cui «il datore di lavoro per dare la prova della effettiva durata del rapporto di lavoro instaurato “in nero”, deve ricorrere a documenti, essendo al riguardo insufficiente la prova testimoniale, è senz’altro infondato». In proposito, prosegue la sentenza, è corretto quanto affermato dal tribunale secondo cui l’onere di fornire la prova che il rapporto di lavoro irregolare abbia avuto inizio in una data diversa da quella del primo gennaio dell’anno in cui è stata accertata la violazione, «grava evidentemente sul datore di lavoro, ma, diversamente da quanto affermato dall’ente resistente, non deve avere necessariamente natura documentale». Dunque, deve ammettersi che «la prova, in vista della riduzione della relativa sanzione, possa essere offerta anche a mezzo testimoni, salva evidentemente ogni valutazione in ordine all’attendibilità degli stessi». E l’attendibilità, conclude la Corte, è stata «attentamente» valutata dal Tribunale, che ha «analiticamente» esaminato le deposizioni rese, rilevando che «plausibili conferme» alle affermazioni si traevano dalla natura stessa dei lavori «che per essere limitati al rifacimento della pavimentazione di una scala, appare inverosimile che si siano protratti per un periodo superiore a quello indicato dal ricorrente».
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