Parcheggiare l’auto troppo vicino ad altra può fare scattare la violenza privata

Parcheggiare l’auto a pochi centimetri da un’altra, impedendo così al conducente della macchina ferma di poter regolarmente uscire dal proprio sportello configura violenza privata. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 53978/2017. La Corte si è trovata alle prese con una vicenda decisamente particolare ma che di fatto – nel caos cittadino – si può realizzare con una certa frequenza.

La vicenda. E allora un cittadino “facendo uso improprio della propria autovettura che parcheggiava nei pressi dell’auto su cui sedeva la persona offesa a distanza tale (pochi centimetri) da non consentire al conducente di scendere dal suo lato, costringeva quest’ultimo a dover scendere da lato passeggero”. A nulla è valso l’appello con cui l’imputato ha eccepito di non aver parcheggiato la macchina in quel punto, ma di averla posta in prossimità di altra auto per discutere con il conducente della stessa. Il ricorrente ha dedotto di aver effettuato questa manovra al fine di affrontare il conducente dell’altra auto che a suo dire aveva pesantemente minacciato la propria moglie e suocera. La Cassazione ha rigettato l’appello in quanto ai fini della configurabilità della violenza privata, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e azione. Si legge espressamente nella sentenza che secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, il ricorrente posizionandosi con la propria vettura a pochi centimetri dello sportello lato autista dell’autovettura della persona offesa, la quale, per la presenza di autovetture parcheggiate avanti e dietro, non poteva in alcun modo spostarsi, ha costretto la stessa parte offesa a scendere dal proprio mezzo per affrontarlo in una discussione.

Bocciata la tesi del ricorrente. La Corte non ha accolto nemmeno la tesi dell’appellante secondo cui la persona offesa poteva uscire dalla parte opposta in quanto ciò è sufficiente a condizionare la libertà di autodeterminazione e movimento della persona offesa. Le offese, infine, a moglie e suocera sono state eccepite solo in fase di legittimità e quindi non giudicabili. La Cassazione così ha respinto il ricorso e confermato il reato di violenza privata.

Per maggiori informazioni contatta lo Studio Legale Avvocato Valentina Conigliaro al n.3284844411 o scrivi una mail a avv.valentinaconigliaro@gmail.com

Share this post

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *