A dover risarcire i danni provocati dal cane è chi lo porta a passeggio e non il proprietario risultante dall’anagrafe canina. Il Tribunale di Pordenone, con la sentenza 12 maggio 2017 n. 333, ha così ritenuto che a dover pagare per i postumi permanenti patiti da una donna caduta dalla bici a seguito dell’improvviso attraversamento del cane debba essere il figlio della padrona che quella mattina lo aveva portato fuori.
L’attrice aveva citato in giudizio la proprietaria sostenendo che mentre percorreva la ciclabile di Pordenone, in prossimità dei giardini pubblici, si era vista tagliare la strada da uno Schnauzer di taglia media per cui aveva perso l’equilibrio ed era caduta in terra. Il sinistro era dunque da imputare alla «esclusiva responsabilità della convenuta per la mancata custodia dell’animale». La proprietaria si è difesa, tra l’altro, chiamando in causa la Compagnia assicuratrice che però ha eccepito l’insussistenza della copertura assicurativa, in quanto la polizza era stata stipulata dalla figlia, al momento all’estero, mentre il cane era affidato al fratello di cui ha contestualmente chiesto la convocazione in giudizio.
Il Tribunale, in primis, ritiene di valorizzare la confessione stragiudiziale resa dal figlio a due diversi testi ai quali aveva dichiarato di aver accompagnato personalmente l’attrice in ospedale «perché era caduta dalla bicicletta a causa del suo cane che le aveva tagliato la strada, sfuggendo dal controllo, per inseguire un gatto». Inoltre, prosegue, risulta incontestato che: il cane si trovava vicino all’attrice al momento della caduta, la pista ciclabile era priva di altre insidie, né vi erano ulteriori elementi che potevano spiegare diversamente l’accaduto. Oltre a ciò, continua la decisione, «non è stata fornita dai convenuti la dimostrazione di una condotta di guida negligente o imprudente, sicché del tutto ragionevole è la riconducibilità causale della caduta dell’attrice a causa della repentina comparsa del cane sulla strada – fattore imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza – e, pertanto, della assorbente responsabilità» del figlio per l’«omessa custodia del proprio animale, nella causazione del sinistro».
Infatti,argomenta la sentenza, riguardo l’individuazione del soggetto giuridicamente responsabile della custodia del cane, benché la madre si presuma proprietaria dell’animale in base all’iscrizione all’anagrafe canina, «è pacifico, tuttavia, che al momento del sinistro l’unico ad esercitare l’effettiva vigilanza di fatto sul cane fosse il figlio ed è, pertanto, in capo a quest’ultimo che deve configurarsi la piena responsabilità ai sensi dell’art. 2052 c.c.».
Sul punto la Cassazione ha affermato: «In tema di danno cagionato da animali, poiché l’art. 2052 cod. civ. impone l’obbligo di predisporre le necessarie cautele – fatta salva la possibilità della prova del caso fortuito – indifferentemente sia al proprietario dell’animale sia a chi se ne serva per il tempo in cui lo ha in uso, il proprietario si libera della responsabilità solo ove provi di essersi spogliato dell’utilizzo dell’animale, senza che a tal fine possa essere ritenuta sufficiente la prova del momentaneo affidamento dello stesso ad altri, qualora detto affidamento sia accompagnato dal mantenimento della diretta sorveglianza sull’animale medesimo» (n. 979/2010). Ma, sempre secondo i giudici di legittimità: «In tema di danno cagionato da animali, l’art. 2052 c.c. prevede, alternativamente e senza vincolo di solidarietà, la responsabilità del proprietario dell’animale ovvero dell’utilizzatore, evenienza questa ipotizzabile solo allorché il proprietario si sia spogliato, in fatto o in diritto, del governo dell’animale” (n. 25738/2015). Ne consegue che il risarcimento, pari a 25mila euro per lesione permanente del 10%, dovrà essere pagata unicamente dal figlio.
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