I giudici hanno così accolto il ricorso di Equitalia Sud contro la sentenza del Tribunale di Roma che, in qualità di giudice dell’appello, aveva dato ragione all’automobilista, dichiarando l’inapplicabilità della maggiorazione prevista dall’articolo 27 della legge 689/1981 alle violazioni del codice della strada.
La decisione di secondo grado si basava su di un unico precedente di Cassazione, sentenza n. 3701/2016, secondo cui «alle sanzioni, come nella specie stradali, si applica l’art. 203 C.d.S., comma 3, che, in deroga alla legge n. 689 del 1981, art. 27, in caso di ritardo nel pagamento della sanzione irrogata nell’ordinanza – ingiunzione, prevede, l’iscrizione a ruolo della sola metà del massimo edittale e non anche degli aumenti semestrali del 10%». Una decisione rimasta isolata in seno alla giurisprudenza di legittimità che però aveva goduto di un certo seguito applicativo da parte delle Prefetture. Per esempio da quella di Novara che il 9 ottobre 2013, dopo aver raccolto il parere favorevole dall’Avvocatura dello Stato, aveva diramato una nota ai comandi della Polizia stradale di Torino, Biella, Alessandria, Vercelli, Asti e Verbania, perché aggiornassero i propri sistemi informatici che operavano in modo automatico il ricalcolo.
Ma tant’è, la Cassazione ritiene che l’orientamento favorevole agli automobilisti è stato «definitivamente superato» con la sentenza n. 1884/2016 secondo cui: «La maggiorazione del dieci per cento semestrale per il caso di ritardo nel pagamento della somma dovuta, ha natura di sanzione aggiuntiva, che sorge dal momento in cui diviene esigibile la sanzione principale, sicché è legittima l’iscrizione a ruolo, e l’emissione della relativa cartella esattoriale, per un importo che includa, oltre a quanto dovuto per la sanzione principale, anche l’aumento derivante dalla sanzione aggiuntiva». E la decisione di oggi rafforza ulteriormente questa posizione facendo proprio l’argomento di Equitalia Sud che nel ricorso ha richiamato la lettera dell’articolo 206 del Cds che recita testualmente «se il pagamento non è effettuato nei termini […] la riscossione delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria è regolata dall’art. 27 della stessa legge 24 novembre 1981, n. 689». Né – prosegue la sentenza – si può ritenere, dopo una «lettura di sistema», che il rinvio «si riferisca esclusivamente alle modalità dì riscossione mediante ruoli, non anche agli importi da iscrivere a ruolo, che resterebbero perciò disciplinati dall’art. 203, C.d.s., terzo comma». Considerato anche che «gli interessi sono esclusi dalla previsione dell’art. 203 e non vi è alcuna norma apposita che ne regoli la riscossione in difformità da quanto previsto dall’art. 27».